Di Jannacci è importante anche la faccia.
Stupita, ipotetica, malinconica, seria anche quando fa ridere, tagliata da quegli occhi socchiusi, da quello sbattere di palpebre che è elemento scenico esso stesso. E poi la sua gestualità, la sua schiena dritta, la mano in tasca e quell'altra in avanti.
C'è questo nel primo Dvd di Jannacci, oltre - ovvio - le sue parole, le sue musiche, il suo modo di cantarle, porgerle, viverle, ed oltre tutti i suoi anni senza andare fuori tempo.
Lo pubblica Ala Bianca, l'etichetta che ha creduto in Jannacci anni fa e continua a crederci, che ci ha regalato pezzi importanti della storia del dottore: due formidabili dischi di inediti come "Come gli aeroplani" e "L'uomo a metà", quel "Milano 3-6-2005" in cui riprendeva (e faceva bene) le sue storie in milanese ed un'antologia che reinventava il suono delle sue canzoni, quel bellissimo "The Best".
Ed ora eccolo in scena, il dottore: un palcoscenico blu scuro e nero, ed in mezzo i suoi capelli bianchi, ondulati, i suoi occhiali con la montatura identica da decenni. Lui, una sedia da usare ogni tanto e dei signori musicisti. Primo - alla destra del padre - Paolo Jannacci: al piano, alla fisarmonica, al sorriso pieno quando Enzo lo fa ridere. E fuori la Milano che Jannacci ha raccontato, amato e poi chissà.
Lui zigzaga fra le linee melodiche dei brani, fa cabaret senza quasi farsene accorgere, ballicchia, si perde e si trova. Improvviso, improvvisa. Vien fuori il lato di raccontatore, di vero attore, che però non recita. Un grande attore che non recita - sì, son proprio cose da Jannacci.
Gli arrangiamenti son gustosi, di classe, ammiccanti al jazz senza mai finirci dentro del tutto. E poi le canzoni, prese qua e là da un gran repertorio di canzoni e da un gran repertorio di vita. Ci sono quelle giocose e quelle toccanti, quelle famose e quelle meno, quelle in italiano e quelle in milanese. Quelle sue, quelle di altri (Ma mi, Bartali), quelle sue e di altri (Via del campo). Surreali, stralunate, striate di poesia. Che belle, ognuna con qualcosa da dire e un suo modo per dirlo, con l'acrobazia felice, la riflessione amara, livida, la tragedia e la commedia. Senza riempitivi, optional, stupidità.
È unico Jannacci, non lo si dice mai. Trovatene un altro che abbia la capacità di mischiare così le carte dell'ironia, dell'incazzatura, della tristezza, che abbia quei pieni e quei voti, quei dribbling, quei cross sulla fascia, quei colpi di tacco. E quella faccia.
Quella di uno che non l'ha mai persa.
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